Lo scorso 11/12/2023 l'associazione Memoria in Movimento insieme a Critica Sociale tenne un convegno su "ROCCO SCOTELLARO, il meridionalismo eretico di un irregolare" (QUI l'intera video registrazione dell'iniziativa). Con piacere e con orgoglio pubblichiamo l'intervento di Sergio Dalmasso. Lo ringraziamo pubblicamente per la sua grande disponibilità e per la sua generosa opera di divulgazione e impegno intellettuale e politico. Grazie Sergio
Intervento al convegno
Rocco Scotellaro, il meridionalismo eretico di un irregolare
Salerno, 11 dicembre 2023.
La scelta socialista
E' meritorio un convegno su Scotellaro, a Salerno, organizzato da una associazione che svolge un intenso lavoro politico- culturale, oltre che di raccolta di materiale archivistico.
Ho più volte ricordato come questo impegno, nel “profondo sud”, mi ricordi quello che in una realtà provinciale del “profondo nord”, ho tentato di praticare per decenni interi (attività politica, circolo ARCI, circolo culturale, giornalino ciclostilato, cicli di dibattiti e conferenze, pubblicazione periodica dei Quaderni “Storia, cultura, politica”).
Scotellaro nasce a Tricarico nel 1923. Studia, spostandosi in varie sedi, Sicignano degli Alburni (collegio), Cava dei Tirreni, Matera, Roma, Potenza, Trento, Tivoli. Maturità classica e iscrizione, a Roma, alla facoltà di giurisprudenza, che non porterà a termine.
Le prime tensioni antifasciste sembrano comparire durante il suo soggiorno a Trento, dove vive la sorella e si concretizzano per l'intreccio fra andamento disastroso della guerra e presa di coscienza della “questione meridionale”.
Anche a causa della morte del padre, Scotellaro rientra a Tricarico, dove, nel dicembre 1943, si iscrive al Partito socialista (allora PSIUP)[1].
La Basilicata è terra di confino politico. Fra i 5.000 confinati, si ricordano, oltre a Carlo Levi, notissimo per il suo Cristo si è fermato a Eboli, Eugenio Colorni, uno degli autori del Manifesto di Ventotene, Camilla Ravera, Manlio Rossi Doria.
Il PSIUP è meno strutturato rispetto al PCI, è diviso tra opzioni diverse (ricompaiono immediatamente le correnti storiche), non ha solidi riferimenti internazionali.
E' probabile che il giovane Rocco veda nel filone socialista una tensione libertaria, una maggiore possibilità di autonomia rispetto alla maggiore organizzazione comunista, certamente più strutturata. Cito, per assonanza, la scelta di Lelio Basso, neppure diciottenne, che, nel 1921, anno in cui la quasi totalità della federazione giovanile socialista sceglie il PCd'I, si iscrive al PSI perché lo ritiene più libero, meno vincolato ad un rapporto internazionale e negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, vi vede una forza classista, “sinistra” in seno al Fronte popolare, o di Sebastiano Timpanaro, figura ingiustamente dimenticata o sottostimata, il quale, nel medesimo periodo, aderisce al PSIUP perché:
A quel tempo, era il solo partito che parlasse apertamente di classe operaia, di lotta di classe, di antagonismo tra borghesia e proletariato, non, come il PCI togliattiano, di unità nazionale e di ricerca di collaborazione con la DC. Io volevo stare con gli operai, con i contadini, fare unità di base... e c'era (pur con i suoi limiti e spesso resa inutile da un massimalismo confuso) una libertà di discussione che nel PCI mancava[2].
E' significativo- presente anche nel bel film, in onda su Rai 2, il 10 marzo 1979, interpretato da Bruno Cirino, con la regia di Maurizio Scaparro- il comizio, a Tricarico del 1 maggio 1944, con Abdom Alinovi del PCI e Carlo Grobert del Pd'A. Scotellaro richiama la tradizione socialista, riferendosi a Camillo Prampolini, rivendica la necessità di uscita dal fascismo anche attraverso una rieducazione politica e morale, propone la necessità di una visione internazionalista.
A giugno, nell'anniversario dell'assassinio di Giacomo Matteotti, organizza una manifestazione chiusa da una sua commemorazione.
Forte è l'impegno sociale che guarda alla atavica povertà delle campagne, ai braccianti, ai disoccupati. Partecipa al congresso nazionale socialista (Firenze, aprile 1946) che conferma i rapporti, tesi fra le correnti, la sinistra “frontista”, il riformismo di “Critica sociale”, la lettura eterodossa di “Iniziativa socialista”.
Durante la campagna per il referendum istituzionale e per l'elezione dell'Assemblea costituente, incontra Carlo Levi che rientra in Basilicata dopo il confino, come candidato di Alleanza repubblicana[3], con Manlio Rossi Doria e Guido Dorso. In una regione dove il 60% sceglie l'istituto monarchico, Tricarico va contro corrente (52,47% alla Repubblica).
Nella prefazione del romanzo di Scotellaro, Levi racconta l'incontro, nel maggio 1946, inizio di un rapporto intellettuale di grande peso:
Arrivato sulla piazza di Tricarico, mi venne incontro un giovane, piccolo, biondo, dal viso lentigginoso, che sembrava un bambino: era Rocco che mi si avvicinò col viso aperto dell'amicizia ...e volle condurmi a vistare le case dei contadini... la casa di sua madre e la sua piccola stanza[4]
Il sindaco ragazzino
In ottobre, guida la lista del Fronte popolare repubblicano (PCI, PSIUP, repubblicani, azionisti) alle comunali di Tricarico e ne diviene sindaco, con larga maggioranza e forte successo personale.
L'attività amministrativa è complessa, in una delle regioni più povere in Italia, a poca distanza da quei sassi di Matera, divenuti simbolo della questione meridionale. Disoccupazione, migrazione, problemi dei braccianti e dei piccoli proprietari. La sua amministrazione dà lavoro a cento contadini disoccupati, distribuendo terre, affronta i problemi sanitari e le carenze alimentari, rimette in sesto strade nei quartieri più poveri, apre la scuola (inaugurata dal vescovo e dall'on. Colombo), grazie a locali concessi dal clero.
Tricarico diventa un esempio di amministrazione efficiente, ma, alle elezioni politiche del 18 aprile 1948, la DC trionfa con il 64,82% dei voti, mentre il Fronte popolare si ferma al 25,36%. Durissimo il giudizio del giovane sindaco: ha trionfato una sorta di fascismo democratico.
In una lettera a Rossi Doria parla del cattolicesimo come della forma più organizzata del conformismo e inizia ad ipotizzare di lasciare il paese.
Nella lirica Pozzanghera nera il 18 aprile, esprime amarezza, desolazione e sconforto:
I padroni hanno dato da mangiare
quel giorno (si era tutti fratelli)
… Ma è finita, è finita, è finita
quest'altra torrida festa
siamo qui soli a gridarci la vita
siamo noi soli nella tempesta.
Noi siamo rimasti la turba
la turba dei pezzenti
quelli che strappano ai padroni
la maschera coi denti.
La maggioranza comunale non tiene e il consiglio viene sciolto, ma, alle successive comunali (ottobre 1948), il risultato delle politiche viene capovolto. Nuova vittoria del Fronte popolare (simbolo l'Aratro) e con slogan: Il popolo al Comune, il Comune al popolo. L' affermazione è ancora maggiore di quella del 1946. Il “sindaco ragazzino” ottiene 2.090 preferenze, trecento in più rispetto alla consultazione precedente.
Il 1949 vede l'accentuarsi delle lotte contadine, con occupazione di terre incolte. Agitazioni hanno luogo in tutto il meridione e il materano è coinvolto. Il caso più drammatico avviene, a novembre, a Montescaglioso, dove la polizia tenta di cacciare gli occupanti, circonda il paese, compie arresti e spara. Il bilancio è di 50 feriti e un morto, Giuseppe Novello, dopo tre giorni di agonia.
E' caduto Novello sulla strada all'alba,
a quel punto si domina la campagna,
a quell'ora si è padroni del tempo che viene[5]
Le difficoltà dell'amministrazione non sono poche, ma tutto crolla l'8 marzo 1950, quando il sindaco viene arrestato con l'accusa di concussione.
Il carcere. Portici
I quarantacinque giorni di carcere sono esperienza durissima, che lascia un segno indelebile, anche se si concludono con la sentenza della corte d'appello di Potenza che scagiona il sindaco e fa chiaro riferimento a manovra dettata da vendetta politica. E' chiara la volontà dei governi centristi di colpire i sindaci di sinistra e, in particolare Scotellaro, una figura che sta divenendo simbolica.
L'assoluzione non sana la ferita e il trauma, come dimostrano molte pagine di L'uva puttanella che assume il significato di romanzo autobiografico. Rientrato a Tricarico lascia (8 maggio 1950) la carica di sindaco. L'impegno continua con il trasferimento a Portici, presso l'Osservatorio di economia e politica agraria, diretto da Manlio Rossi Doria. Partecipa alla stesura del piano regionale di sviluppo per la Basilicata e inizia, per la Laterza, interessata alla “sociologia rurale”, le ricerche per Contadini del sud, opera antropologica- sociologica sulla realtà meridionale, le condizioni sociali, la cultura e l'immaginario del mondo contadino.
E' fondamentale, anche se non oggetto di queste brevi note, l'incontro con Amelia, figlia di Carlo Rosselli. Il rapporto è intenso, fra due mondi diversi. Vi è chi nota in lei la ricerca di quel legame paterno che l'assassinio del martire antifascista (1937) ha spezzato e chi sostiene che la morte, improvvisa e precoce, dell'amato riproduca il dramma vissuto per la scomparsa del padre.
Avevo trovato il mio proprio opposto
Come lo divorai! Poi lo mangiai.
E ne fui divorata[6].
L'impegno, a Portici, è continuo, in uno stretto rapporto con Rossi Doria
Anche l'amicizia con Carlo Levi è elemento costante nella attività di Scotellaro che ha, nello scrittore - pittore piemontese, un grande estimatore della sua opera poetica- spesso sottovalutata da parte della critica- e dell'impegno politico e “sociologico”.
Il 15 dicembre 1953, la morte, per infarto, dopo alcuni giorni di malessere e di controlli medici.
E' commovente il ricordo della madre, Francesca, in appendice a Contadini del sud:
Il giovedì si alzò, andò a sedersi alla scrivania e voleva scrivere. Venne il dottore: “Ma tu non vuoi sentire, tu devi stare a riposo”. Lui diceva: “Ma come faccio, tengo tanto da fare col pensiero del libro”...
Ho perduto il mio tesoro, il mio bastone, la mia speranza, la mia grandezza. Dove sono andate tante sue fatiche? Quanta gioia dava alla sua famiglia...
Va bene che le cose belle che ha fatto non le vedrà più nessuno. Quando mi portarono a casa la bara con il mio tesoro dentro, il corteo non finiva mai, nelle case di Tricarico non rimase nessuno, tutti ad accompagnare mio figlio, gente da tutti i paesi, macchine, corone di lusso...
Sono la madre afflitta sconsolata,
il mio figlio la morte me l'ha troncato,
ho perduto tutte le mie grandezze,
il mio tesoro era lui, la mia ricchezza[7].
Gramsci, De Martino, Scotellaro
Nel suo recente Rocco Scotellaro e la questione meridionale[8], Marco Gatto sostituisce al tradizionale asse di lettura Gobetti, Levi, Scotellaro, di chiara impronta azionista:
Il parallelo fra Rocco Scotellaro e Piero Gobetti, così diversi e addirittura opposti per tante parti della loro natura, mi pare rivelatore, non soltanto per l'intensità delle loro brevi vite, che io ebbi la fortuna di incontrare, ma perché entrambi, per diverse vie e con diverso carattere, mostrarono, in modo esemplare, come ci si possa formare formando, come si conquista la propria libertà e autonomia riconoscendo e conquistando la libertà e l'autonomia fuori di sé, negli altri, nel popolo; e come soltanto in questa rivoluzione formativa si salvino i valori della storia[9]
quello Gramsci, De Martino, Scotellaro.
Nel 1948, Ernesto De Martino pubblica Il mondo magico, nel 1950 il saggio Intorno a una storia del mondo popolare subalterno che ripropone i nodi istinto/coscienza, spontaneità/organizzazione.
L'errore dell'ideologia borghese è di naturalizzare il mondo popolare, di vedere i popoli diversi come oggetto di studio affrontabile con una gerarchia di valori.
E' ovvio il riferimento ai successivi studi di Edward Said (Orientalismo, 1978) per cui la cultura occidentale inventa la categoria di orientalismo per giustificare il controllo e l'influenza sui colonizzati. L'occidente si presenta come moderno, civile, portatore di progresso, sviluppo, civiltò contro l'ignoranza, la povertà, l'arretratezza. Orientalismo è, quindi, concetto soggettivo, identità culturale e quindi strumento di dominio imposto dagli occidentali.
Il saggio di De Martino è discusso e criticato.
Cesare Luporini su “Società” contesta la categoria di irruzione delle masse popolari nella storia e di imbarbarimento della cultura marxista[10]. E' critico anche Franco Fortini: i miti irrazionali rischiano di essere inconsciamente reazionari. La rivoluzione deve basarsi sulla classe più oppressa, non sulla categoria di classe più “diseredata”. E la coscienza dell'oppressione presuppone una cultura in tutto storica, non magica, non “analfabeta”, no n “subalterna”[11]
Il giudizio della cultura comunista su Levi e su una interpretazione del meridionalismo è egualmente preoccupato. Per Mario Alicata, Levi chiarisce lo stato di miseria di grandi masse, ma indulge in un idoleggiamento astratto delle tradizioni e del mondo popolare. La poesia di Scotellaro è debole, carente di quadro e di prospettiva politica, esprime rassegnazione dopo la sconfitta elettorale e non offre idea di riscatto (Carlo Salinari), è legata al passato e non all'avvenire (Alberto Asor Rosa).
Nel 1954, il premio Viareggio va alla raccolta poetica postuma E' fatto giorno (chiaro, già dal titolo, il riferimento a Ed è subito sera di Quasimodo). Fondamentale la pressione di Pietro Nenni che nella valorizzazione dell'opera del sindaco socialista vede uno strumento di affermazione di una politica culturale di partito non appiattita su quella del PCI.
Se Carlo Levi esalta la poesia di Scotellaro come innovativa, esteticamente e socialmente
Con queste poesie, egli si afferma non soltanto come poeta, ma come l'esponente vero della nuova cultura contadina meridionale, la cui espressione, il cui valore non può essere che poetico[12],
secondo Salinari, Scotellaro poeta è invenzione di Levi.
In lui è stridente il contrasto fra una materia nuova e la forma che non riesce a dare voce a quelle speranze e a quella lotta.
Soprattutto troppo lontano è il mondo ideale di Scotellaro che non va al di là del vago atteggiamento di una giustizia primitiva, della simpatia per un modo anarchico e ribelle, della pietà per una miseria senza fine) dalla reale fisionomia del movimento di Liberazione del Mezzogiorno delle attuali aspirazioni e speranze delle masse meridionali[13].
La critica è, cioè, alla non lettura “eroica” della spinta del proletariato del nord, delle masse contadine meridionali, del sottoproletariato romano, guidati da prospettiva politica:
“Le masse non sono mai state fuori dalla storia”, si era rimproverato a Ernesto De Martino, “La storia del movimento operaio italiano non è un'altra storia, ma parte integrante dell'epopea nazionale”, si era negato a Gianni Bosio[14]: “I giovani delle borgate romane non possono essere abbandonati nel loro romantico stato di irrazionalità prelogica e prepolitica”, si sarebbe di lì a poco contestato a Pier Paolo Pasolini[15].
E' chiaro che la diversa valutazione, apparentemente estetica, nasca da una diversa matrice politica che emerge nettamente nel giudizio su Contadini del sud, la ricerca socio- antropologica che la Laterza ha commissionato a Scotellaro, come prima tappa di un lavoro più ampio e che la morte dell'autore ha lasciato incompiuta.
Alicata mette in guardia dalla tentazione di attribuire al libro un valore scientifico di documentazione genuina e compiutamente illuminatrice della realtà meridionale, meglio del mondo contadino meridionale[16]. Accentua le critiche Carlo Muscetta per cui l'opera è né inchiesta né racconto e nemmeno reportage. Il sociologo non c'era e lo scrittore nemmeno.
La polemica tocca il meridionalismo democratico, di matrice azionista, non di classe, che sembra non tener conto della valenza delle lotte contadine, della possibilità di emancipazione in esse presente e considerare il Meridione come immutabile[17].
Nella sua fondamentale ricostruzione della politica culturale socialista nel dopoguerra, Scotti legge un tentativo, attribuito in particolare a Raniero Panzieri, di parziale emancipazione dalla egemonia del PCI. Vanno in questa direzione, nel 1954, i due convegni sul cinema italiano (Venezia), sulla libertà della cultura (Bologna) e la relazione al Comitato centrale socialista in cui è Panzieri a definire inadeguata la cultura di sinistra, incapace di comprendere le trasformazioni della società.
Il convegno di Matera (febbraio 1955)
In questa ottica è da leggersi anche il convegno su Scotellaro che si svolge a Matera nel febbraio del 1955. Qui si incontrano la scelta panzieriana di autonomia culturale del PSI, la volontà di Nenni di procedere verso maggiore autonomia politica (il congresso nazionale è alle porte e inizierà la “svolta”), la tesi di Levi per cui il movimento contadino, la civiltà contadina può raggiungere libertà ed emancipazione attraverso una propria rappresentanza.
In effetti, il convegno vede l'attenuazione o la fine del contrasto interpretativo tra esponenti del PCI e del PSI. Se, ancora nel settembre 1954, Alicata, riprendendo il precedente scritto di Salinari, ribadisce che l'inchiesta di Scotellaro è incompiuta e parziale e che Rossi Doria e Levi lo hanno piegato ad una propria parziale, interpretazione, non materialistica[18], ora, al convegno, sostiene che con Levi si possa trovare una intesa circa lo sviluppo del movimento contadino e che i due partiti debbano collaborare. Si richiama al Gramsci del blocco storico tra operai del nord e contadini del sud. Alle stesse conclusioni pervengono il commento dell'”Unità” e di un periodico comunista locale, diretto da Luigi Gullo, figlio di Fausto.
L'incontro di Matera segna una tappa fondamentale nell'interpretazione del “poeta contadino”. Molti i saluti (Parri, Lussu, Basso, Ernesto De Martino, ma soprattutto Nenni che accenna all'autonomia socialista anche nelle scelte nel e per il sud. Centrali gli interventi di Franco Fortini, di Alberto Mario Cirese, di Panzieri. Fortini rivendica l'intreccio tra poesia e politica; la purezza poetica coincide con la scelta di vita, con il rapporto diretto con il suo popolo:
Vi fu un giovane, figlio di povera gente di un povero paese del sud, che negli anni della vergogna e della speranza del suo paese, seppe inserire il suo bisogno di bontà e di giustizia nelle forme di un secolare moto politico; e agire per il socialismo...
Quando ho letto la poesia di Rocco alla madre e i contadini che riempivano il teatro hanno capito tutto, ho tremato per loro... L'attività politica è l'unica forma reale di cultura dei contadini di laggiù... faremo di tutto perché i nostri operai non dimentichino come oggi, in quelle campagne, laggiù, si resiste e si spera anche per difendere il loro salario, la motoretta, l'Avanti all'edicola, la partita a bocce[19].
Panzieri rivendica la presenza del movimento contadino, nella storia della rivoluzione nazionale, in forme autonome. Luigi Anderlini ribadisce l'unità operai- contadini, con legame tra le punte avanzate del nord e un meridione che si è messo in moto.
Secondo Martelli e Marco Gatto, da qui inizia la ricezione critica di Scotellaro che si può dividere in tre periodi:
dal 1954 al 1956 con la pubblicazione delle opere e gli interventi critici di maggior portata
dal 1956 al 1970, segnato da sottovalutazione e dimenticanza. Scompare l'interesse per il realismo e il neorealismo e la letteratura meridionalista viene accusata di populismo e di ingenuità
dal 1970 in poi, con una rivalutazione e un ritorno di interesse per il folclore, per gli studi antropologici e un interesse critico e per l'opera poetica e per quella sociologica.
Contadini del sud
La ricerca proposta dalla Laterza riguarda vite, vissuti, immaginario delle masse contadine meridionali e si inserisce nel forte interesse per il Mezzogiorno proprio del dopoguerra.
Oltre a Cristo si è fermato a Eboli di Levi, portano l'attenzione sul meridione Ignazio Silone con Fontamara, Corrado Alvaro con Gente in Aspromonte, Giuseppe Rimanelli con Tiro al piccione, singolare romanzo sulla Resistenza vista dall'”altra parte”.
E' chiaro un certo richiamo al verismo di Verga, alla descrizione dei bassi napoletani ne Il ventre di Napoli di Matilde Serao (1884).
Il riferimento a Verga è presente nella grande ricerca di Luchino Visconti con La terra trema, splendida lettura dei Malavoglia, ma la questione meridionale è al centro di film di Roberto Rossellini (Paisà, Stromboli), Vittorio De Sica (Sciuscià), Giuseppe De Santis (Non c'è pace tra gli ulivi, Uomini e lupi)...
Contadini del sud, che viene pubblicato, incompiuto, con L'uva puttanella, sorta di romanzo autobiografico, è, quindi, ricerca sociologica, nonostante le incomprensioni iniziali e i giudizi contrastanti, innovativa, che apre, con pochi altri testi, una stagione nuova in cui questa metodologia viene rivalutata, compresa e utilizzata non solamente come “strumento del capitale”.
Occorrerà lo sconvolgimento del 1956 per sdoganare psicologia, psicoanalisi, sociologia, sempre guardate con diffidenza dall'ortodossia marxista per la loro provenienza “statunitense” e per l'apparente sottovalutazione del rapporto struttura/sovrastruttura.
La conricerca, ricerca cioè, in cui intervistatore e intervistato si collocano sullo stesso piano e producono una influenza reciproca, nasce nel dopoguerra, dal lavoro innovativo della rivista francese “Socialisme ou barbarie”, in particolare grazie a Claude Lefort[20]. Sua è l'espressione per cui la classe deve essere conosciuta da se medesima, cioè la socialità operaia deve essre analizzata e compresa, dentro e fuori la fabbrica, con nuovi strumenti, grazie all'intervento diretto dei soggetti analizzati.
In Italia, è Danilo Montaldi a farsi interprete di queste esigenze:
Lo sviluppo di queste manifestazioni per la Francia è ben noto; in Italia...l'opera più significativa che si è avuta sul piano di questa ricerca rimane quella del giovane Rocco Scotellaro: Contadini del sud[21].
La causa di questo ritardo è, secondo Montaldi, nell'egemonia togliattiano- crociana. I partiti di sinistra mirano più ad egemonizzare la cultura borghese, a dare continuità alla cultura nazionale che ad esprimere una cultura di classe.
In uno scritto del 1958, lamenta che la sua ricerca, controcorrente, sia stata interpretata come:
una variante settentrionale dell'Uva puttanella[22].
La ricerca sul campo sarà al centro dell'interesse di Danilo Montaldi (Autobiografie della leggera- 1961- Militanti politici di base – 1971-), dello stesso Montaldi e di Franco Alasia, operaio della Breda, con Milano Corea, inchiesta sugli immigrati (1960), nato su sollecitazione di Danilo Dolci che vi vede una proiezione del suo lavoro sul meridione verso un'area strutturalmente più sviluppata. Soprattutto, con il lavoro certosino di Gianni Bosio sull'uso delle fonti orali, delle testimonianze, del canto popolare[23] e con la grande innovazione di Panzieri che, considerata inutile ogni battaglia di corrente nel PSI e- abbandonato il ruolo di funzionario di partito- ritiene prioritario l'impegno diretto verso la fabbrica, e propone l'inchiesta come strumento centrale[24].
Da non dimenticare Banditi a Partinico 1955) di Danilo Dolci e la drammatica inchiesta I minatori della Maremma (1956) di Luciano Bianciardi e Carlo Cassola, in una realtà segnata dalla tragedia di Ribolla (4 maggio 1954, 43 morti).
La morte premature e drammatiche di Panzieri e – undici anni prima- di Scotellaro non permettono di ipotizzare quale sarebbe stata la continuazione delle loro ricerche. L'attuale clima politico fa sì che la componente culturale che si esprime nelle loro opere e in autori come Bosio, Montaldi, sia analizzata dando maggiore importanza al versante sociologico (poetico in Scotellaro) che su quello direttamente politico (fa eccezione il citato libro di Gatto che rivaluta la valenza politica del “poeta sindaco”), mentre, in altri contesti, si è vista, in questi autori, la ricerca di una ipotesi alternativa a quella dei maggiori partiti e la prefigurazione della stagione dei movimenti[25].
Contadini del sud, per quanto non terminato, può essere letta, quindi, come opera anticipatrice di una ricerca sociologica, antropologica, con forte valenza politica, che risente dell'insegnamento di De Martino, dell'influenza di Levi, dell'attenzione alla realtà meridionale testimoniata dalle “spedizioni” demartiniane in regioni del sud, in particolare a Tricarico e in Basilicata, a partire dal 1950, con la collaborazione di psichiatri (Giovanni Jervis), antropologi culturali (Amalia Signorelli), etnomusicologi, medici, fotografi (oltre all'italiano Franco Pinna, il francese Henry Cartier Bresson), e all'ovvio apporto di Levi e Scotellaro.
I temi della magia, del rapporto con la religione, con la morte sono alla base delle ricerche sul tarantismo che hanno come epicentro i comuni di Copertino e di Nardò e del concetto di folclore progressivo che supera la concezione negativa presente nei Quaderni di Gramsci per cui il folclore è concezione regressiva del mondo, suggestione primitiva, arcaica, subordinazione alla cultura ufficiale. Questo si esprime in una alternativa alla concezione delle classi dominanti, ad esempio nei canti popolari (da qui le ricerche di tradizioni perdute o dimenticate):
Il folclore progressivo è proposta consapevole del popolo contro la propria condizione socialmente subalterna e che commenta, esprime in termini culturali le lotte per emanciparsene... il folclore progressivo esprime una avanzamento culturale effettivo delle masse popolari, la nascita reale di una cultura popolare progressivamente orientata[26].
Contadini del sud è aperta da alcune pagine di Carlo Levi. Ai mali di sempre: miseria, fatica, angoscia, vanità del potere, inizia a contrapporsi una realtà nuova che esprime nuove certezze: la vita di partito, l'occupazione delle terre, i servizi sociali sono indici della possibilità di modificare cose e uomini.
Le testimonianze, precedute da una breve nota dell'autore, sono “in presa diretta”, con racconti in prima persona.
Michele Mulieri, classe 1904, di Grassano è coltivatore diretto
Sono italiano, ma l'Italia è mansionata da infami, ladri e barbari; gli enti e gli uffici mi hanno riempito di dolori e io ho affrontato la sorte menandomi all'avventura in quest'aperta campagna[27].
Lavora sotto principale anarchico, ma vota MSI. Torna indignato dalla guerra in Abissinia, protesta per anni per avere la pensione. Nel 1946, il proprietario, usurpatore di popolo e contravventore di patria lo allontana dal lavoro. Protesta in piazza, levando i gradi al maresciallo ed è portato in caserma e massacrato di botte. Va a Roma perchè vuole protestare davanti a Scelba
Il padrone di Roma era Scelba e Roma non era la capitale d'Italia, ma campo riservato di Scelba... Sono solo: non resisto alla dittatura nera e grido forte: “la bella Italia in mano ai barbari”[28]
Pianta filari di piante e le dedica a tutti coloro che gli hanno fatto male: ladri, infami, barbari, depravati, personaggi governativi:
L'ufficiale giudiziario l'ho matricolato nella fila dei depravati[29].
E' facile riconoscere tutti i segni di una protesta plebea che coincide con il populismo.
Andrea Di Grazia (1906, Tricarico) è piccolo proprietario, coltivatore diretto. Nel suo racconto compaiono la povertà della famiglia, la religione, il rapporto con la magia e la superstizione e anche le vicende politiche tra il ventennio e gli anni del dopoguerra:
La legge di Mussolini mi piaceva come disciplina ed effettivamente era buona, coi ladri precisamente... I confinati che stavano qui erano uomini di politica che avevano detto male del Duce... Quando è finito il fascio, tutti non erano più fascisti e i caporioni del fascio sono andati nella Democrazia Cristiana; ma adesso i grandi grossisti si sono rivoltati e non ci sono più nella Democrazia e vanno col Movimento sociale e con la monarchia...la Democrazia non la possono più vedere[30].
Partecipa, a Roma, al congresso della Coltivatori diretti, sperando di poter consegnare un messaggio a De Gasperi. Sarà sufficiente dividere la terra se la popolazione aumenta?
Antonio Laurenzana (Tricarico, 1909) è coltivatore diretto, affittuario. Si dichiara socialista e loda le iniziative del comune, del sindaco:
pelo rosso che era stato con noi dal primo giorno e ci difendeva...Facemmo costruire l'acqua del conte nelle Matine, dove si muore di sete, una latrina nella Rabata, facemmo sistemare le strade del paese. Volevamo far passare il dazio al Comune, ma non riuscimmo perché il prefetto non volle. Siamo stati lottati continuamente dai preti e dalla DC. Il nostro sindaco prese l'iniziativa per la istituzione di un centro sanitario nel Comune... Poi fu deliberato di chiedere un mutuo di 40 milioni per la costruzione di un ospedale... Le elezioni di gennaio 1953 furono vinte dai democristiani perché il nostro sindaco Pelo rosso si era allontanato e ci aveva lasciato per andare a guadagnare scrivendo poesie e racconti[31].
La scelta socialista non esclude la superstizione, la certezza delle fatture, delle maledizioni che toccano la sua vita familiare. La descrizione della malattia e della morte di una delle mogli, con le spese per cure e visite può richiamare Verga:
Io glieli feci fare questi incantesimi, perché volevo dare tutte le soddisfazioni a mia moglie...Spesi per il mortizzo tremila e più lire...duemila lire...Detti quattromila lire e dispari alla chiesa per la messa, per la cassa spesi quindicimila lire e settemila per la lapide[32].
Francesco Chironna (1897), di Calle, è innestatore e mezzadro. Deve lasciare le elementari, dopo pochi mesi, perché la miseria costringe il padre a portarlo con sé in campagna:
E' triste pensare che un bambino di tenera età, quando è proprio il momento dell'insegnamento della conoscenza, quando ha bisogno ancora del gioco, ha bisogno ancora della guida materna, viene portato in campagna per sfruttargli quel poco di salute che ha, allo scopo di economia finanziaria[33].
Quindi, la migrazione in America, il viaggio, la tempesta, le difficoltà, il ritorno in Italia, il richiamo alle armi (ero talmente entusiasmato di difendere i sacrosanti diritti italiani), il fronte, poi 14 mesi in Libia. La guerra lo porta a mettere in discussione un Dio che viene pregato da ambedue i fronti.
Da qui la conversione alla fede evangelica:
Tutti furono contro, amici, fidanzata, perfino i famigliari con insulti di eretico e di scomunicato[34].
L'emarginazione è la conseguenza di questa scelta, a causa anche del predominio democristiano e della identificazione fra DC e cattolicesimo. Se lo Stato applicasse veramente i principi cristiani, affronterebbe il dramma della povertà, non emarginerebbe i miseri, bandirebbe le guerre.
Cosimo Montefusco è il più giovane (1936), vive in una frazione di Eboli, è bufalaro. Analfabeta: Non so mettere la firma mia, racconta il duro lavoro del bufalaro, la conoscenza degli animali (le bufale chiamate con frasi cantilenanti), il desiderio di fare lo zappatore: Voglio fare i fossi, non più appresso agli animali.
E' una analisi, interrotta, che lega sociologia e antropologia, che fa parlare direttamente i soggetti intervistati, che non sovrappone la personalità dell'intervistatore. Anticipa cronologicamente la storia orale, la conricerca, avendo come centro un mondo che sarà sconvolto dalla rivoluzione capitalistica, dalla migrazione, dalla rapida modificazione di costumi e forme di vita.
E' chiaro che la morte improvvisa del poeta sindaco contadino impedisca lo sviluppo di una analisi e di una ricerca appena iniziate, di quel lavoro serio, cocciuto e paziente cui accennava Rossi Doria.
Sergio Dalmasso
[1]Il PSIUP nasce nell'agosto 1943 dalla fusione tra PSI e Movimento di Unità proletaria (MUP). Nel 1947, in seguito alla scissione socialdemocratica, riprenderà la denominazione di PSI.
[2]Luca BUFARALE, Sebastiano Timpanaro, l'inquietudine della ricerca, Pistoia, Centro di documentazione, 2022, p. 31.
[3]Presente solamente nelle circoscrizioni di Bari e Potenza, la piccola formazione di derivazione azionista, ottenne solamente lo 0,15%.
[4]Carlo LEVI, Prefazione a Rocco SCOTELLARO, L'uva puttanella.
[5]Rocco SCOTELLARO, Montescaglioso.
[6]Amelia ROSSELLI, Le poesie, Milano, Garzanti, 1997.
[7]Francesca ARMENTO ved. SCOTELLARO, Memoria della madre, in Rocco SCOTELLARO, L'uva puttanella, Contadini del sud, Bari, Laterza, 1964, pp. 305- 309.
[8]Marco GATTO, Rocco Scotellaro e la questione meridionale, Roma, Carocci ed., 2023
[9]Carlo LEVI, Prefazione (1964) a L'uva puttanella... cit.
[10]Cfr. AA. VV., il dibattito sul folclore in Italia, Milano, ed. di cultura popolare. 1976.
[11]Franco FORTINI, Il diavolo si travestirà da primitivo, in “Paese sera”, 23 febbraio 1950.
[12]Carlo LEVI, Prefazione a E' fatto giorno, Milano, Mondadori, 1954
[13]Carlo SALINARI, Tre errori a Viareggio, in “Il Contemporaneo”, 28 agosto 1954.
[14]Gianni Bosio, nel 1949, fonda e dirige la rivista “Movimento operaio”, ma ne viene estromesso nel luglio 1954 dall'editore Feltrinelli, allora legato al PCI. Storici vicini al PCI accusano la direzione di Bosio di “filologismo” (chiusura in ricerca di archivio) e di “corporativismo” (cioè di isolare la storia del movimento operaio dalla nostra nazionale. La ricerca di Bosio, tesa a valorizzare quanto di autonomo e di autoctono ha espresso il movimento operaio italiano contrasti con la politica di unità nazionale e con la collocazione internazionale (di campo)
[15]Mariamargherita SCOTTI, Da sinistra, cit, p. 97.
[16]Mario ALICATA, I contadini del sud, in “Il Contemporaneo”, n. 23/1954, poi in Mario ALICATA, Intellettuali e azione politica, Roma, ed. Riuniti, 1976. Per una trattazione ed un bibliografia più ampia, cfr. Mariamargherita SCOTTI, Da sinistra, Roma, Ediesse, 2011 e Marco GATTO, Rocco Scotellaro e la questione meridionale, cit.
[17]Mario ALICATA, Il meridionalismo non si può fermare ad Eboli, in “Cronache meridionali”, n. 1/1954.
[18]Cfr. Mario ALICATA, I contadini del sud, in “Il Contemporaneo”, 4 settembre 1954.
[19]Franco FORTINI, Ai contadini del Sud si deve parlare di tutto, in “Mondo operaio”, 19 febbraio 1955.
[20]Claude Lefort (1924- 2010), storico e sociologo, dopo la giovanile adesione al movimento trotskista, fonda nel 1947, con Cornelius Castoriadis, “Socialisme ou barbarie”, cui collabora sino al 1958. Critico del sistema sovietico, analizza le categorie di burocrazia e di totalitarismo.
[21]Danilo MONTALDI, L'espressione popolare in Italia, in Bisogna sognare, Scritti 1952- 1975, Milano, Colibrì ed. 1994, p. 60. Il testo contiene, fra altri scritti, la ripubblicazione di L'operaio americano, di Paul Romano, una delle prime inchieste sul vissuto operaio. Per una maggiore analisi del ruolo di Montaldi, cfr. Giorgio AMICO, Danilo Montaldi, vita di un militante politico di base (1929- 1975), Roma, DeriveApprodi, 2022.
[22]Danilo MONTALDI, Cronache della cultura di sinistra, in Bisogna sognare, cit., p.174.
[23]Cfr. Gianni BOSIO, L'intellettuale rovesciato, Milano, ed. Bella ciao, 1975.
[24]Cfr. Raniero PANZIERI, Uso socialista dell'inchiesta operaia, in “Quaderni rossi”, n. 5, aprile 1965.
[25]Cfr. Stefano MERLI, L'altra storia. Bosio, Montaldi e le origini della nuova sinistra, Milano, Feltrinelli, 1977; Attilio MANGANO, L'altra linea, Fortini, Bosio, Montaldi, Panzieri e la nuova sinistra, Catanzaro, Pullano ed., 1982.
[26]Ernesto DE MARTINO, Folclore progressivo, in “L'Unità”, 26 giugno 1951.
[27]Testimonianza di Michele Mulieri in Rocco SCOTELLARO, Contadini del sud, Bari, Laterza, 1954, p. 136.
[28]Ivi, pp. 152- 153.
[29]Ivi, p. 164.
[30]Testimonianza di Giuseppe Di Grazia, ivi, p. 185.
[31]Testimonianza di Antonio Laurenzana, ivi p. 208.
[32]Ivi, p. 212.
[33]Testimonianza di Francesco Chironna, ivi, p. 218.
[34]Ivi, p. 228