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Via Tasso n. 59. La musica, una famiglia, la vita

Inviato da Angelo Orientale il

Dopo varie iniziative create e organizzate dalla nostra associazione sulla splendida figura di Nicola Fiore NON potevamo NON pubblicizzare il libro della professoressa Giovanna Scarsi, nipote di Nicola Fiore.

VENERDI 1 MARZO ORE 18,00

LIBRERIA FELTRINELLI SALERNO, Corso Vittorio Emanuele

Interverranno tra gli altri, oltre all'autrice, anche il nostro socio Giuseppe Cacciatore nonchè presidente della Società Salernitana di Storia Patria. 

 

Di seguito una piccola biografia di Nicola Fiore .

 

NICOLA FIORE

 

Nicola Fiore (Marigliano 6 settembre 1883 – 15 maggio 1934). A 17 anni entra nelle file del Partito Socialista Rivoluzionario, con posizioni di aperta dissidenza verso l’area dei moderati.

Da autodidatta, si dedica ad approfondire la conoscenza delle condizioni delle classi emarginate ed inizia un’intensa attività pubblicistica.

Alla fine del 1800 subisce il primo arresto per la partecipazione ad una improvvisata dimostrazione per l’arrivo dell’on. Ferri a Napoli, e successivamente, nel settembre del 1903, a seguito di una dimostrazione in occasione dell’assunzione al pontificato di Pio X. Ancora in carcere, per molti mesi, fra il marzo 1904 e il novembre 1906, per aver manifestato il suo convinto antimilitarismo.

Diviene sempre più intenso l’impegno sindacale di Fiore che lo vede in prima linea nella mobilitazione degli operai nella lotta al carovita. Svolge questa attività partecipando a iniziative su tutto il territorio dell’Italia meridionale. Sceglie anche di inserire la lotta sua e del suoi compagni in un contesto nazionale.

Fra il dicembre del 1913 e il gennaio 1914 si trasferisce a Salerno, dove trova occupazione come commesso presso la ditta “Forte” al corso Umberto, e nel marzo dello stesso anno diviene segretario della Camera del Lavoro locale.

Come molti socialisti italiani convinti antimilitaristi, Fiore è un interventista, nella convinzione che la partecipazione del Paese al conflitto avrebbe avuto la capacità di smuovere le masse dei lavoratori dal loro immobilismo secolare, scardinando il tradizionale equilibrio sociale.

Questa scelta interventista non è condivisa dai settori più politicizzati degli operai, come i metallurgici, che danno vita a clamorosi episodi di dissenso, come a Castellammare di Stabia dove protestano contro l’indirizzo interventista di Nicola Fiore loro segretario.

Continua è la vigilanza della polizia delle attività delle attività di Fiore, ai suoi spostamenti che spesso sono condizionati da intralci burocratici.

È significativo, per rendersi conto dell’attività di Nicola Fiore, il contenuto di un esposto anonimo del luglio 1917: “ prima di venire il Fiore a Salerno, la Camera del Lavoro esisteva solo di nome”. La motivazione avviata da Fiore riguarda innanzitutto gli operai dei Cotonifici della Valle dell’Irno ed i ferrovieri. Questa fase spinge Fiore a continui spostamenti, di cui spesso la polizia non ne è a conoscenza.

Il 15 marzo 1919 riprende le funzioni di Segretario della Camera del Lavoro di Salerno, dando inizio alla pubblicazione del il foglio “Il Lavoratore”, destinato alla diffusione nel salernitano. Il 23 marzo in un pubblico comizio esalta il successo della rivoluzione sovietica, la cui strategia indica al proletariato come via da percorrere per fare la sua rivoluzione.

I problemi con la giustizia continuano con denunzie che non hanno conseguenze, fino a quando, nel gennaio del 1920 in occasione dello scopero dei postelegrafonici e di quello minacciato dai ferrovieri porta all’arresto di alcuni sindacalisti tra cui Fiore. Questi è l’unico a restare in carcere e poi rinviato a giudizio per “istigazione a delinquenza plurima”. La vicenda ha un vasto eco, arrivando  anche in parlamento con una interrogazione dell’on. Misiano, che stigmatizza “l’inqualificabile persecuzione politica” che viene compiuta  a danno di Fiore che, arrestato a gennaio del 1920 per misura di pubblica sicurezza, è stato oggetto di provvedimenti vessatori.

Nel corso del lungo periodo di arresto la manodopera delle Manifatture Cotoniere, spece quella femminile, rende prova di una coscienza di classe maturata nel corso delle numerose iniziative sindacali. Ne sono dimostrazione la solidarietà nei confronti dei “sovversivi”, la compattezza e la capacità di mobilitazione. Solo l’alibi delle competenze e delle lungaggini burocratiche consente il protarsi dell’arresto dell’arresto di Fiore fino al maggio 1921.

Durante il periodo in carcere, Fiore rompe clamorosamente con i socialisti che sono alla guida del sindacato,  definiti, in una lettera dal carcere diretta “Ai Rivoluzionari d’Italia”, come “una compagnia di ventura massonica-poliziesca cui la borghesia avrebbe affidato il proletariato”. A questo periodo appartiene anche il passo, prevedibile per le sue affermazioni in pubbliche manifestazioni, di adesione al Partito Comunista.

La situazione nel paese, al tempo della sua scarcerazione, è completamente mutata, tanto che, nonostante la rielezione a segretario della Camera del Lavoro di Salerno, non viene consentito a qualsiasi manifestazione esterna. Deve piuttosto difendersi dalle prime aggressioni fasciste, e affrontare anche una aperta discordia con le posizioni della FIOT nazionale che avrebbe chiesto un atteggiamento più dialogante con la dirigenza delle Manifatture Cotoniere. Discordia che lo porta alle dimissioni da Segretario della Camera del Lavoro. La stessa adesione al partito comunista determina tensioni nei rapporti fra socialisti e comunisti. Gli anni successivi vedono una serie di provvedimenti restrittivi della libertà, il confine a Lipari, e poi l’ammonizione che lo sottopone a controlli serrati, mentre vanno peggiorando le sue condizioni di salute. Incontra sul suo cammino un prefetto, Antonio De Biase, che, nel periodo del suo incarico dal 1926 al 1930, determina un pesante irrigidimento dell’ordine pubblico, segno del resto del clima politico di quegli anni. Difficoltà gli vengono frapposte anche per una visita specialistica ad un noto tisiologo della capitale, a cui viene autorizzato solo nell’agosto 1931. Al momento della fine del biennio di ammonizione, il 5 marzo 1932, le sue condizioni di salute lo costringono ad essere infermo a letto, senza contatti con i suoi compagni di attività politica e sociale. Muore assistito dalla sorella e dal cognato, il 15 maggio del 1934.

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